Roma, 11 giugno 2024 – La conclusione della campagna elettorale che, con l’elezione del nuovo europarlamento, porterà ad un rinnovo delle Istituzioni europee ci consegna alcune riflessioni.
I vincoli ideologici che, fino ad alcuni decenni fa, legavano ampie fasce dell’elettorato ai partiti di massa sembrano ormai definitivamente superati e le persone possono con molta facilità cambiare il loro voto anche in tornate elettorali ravvicinate.
I legami politici, ma anche religiosi, sono sempre più labili. Da un lato, e lo conferma il dato più che allarmante dell’astensionismo, vi è una certa sfiducia nei confronti della politica.
Tuttavia, in un tempo nel quale i processi digitali informano e accompagnano la vita quotidiana; nel quale le dinamiche sociali sono molto frenetiche; il fenomeno dell’astensionismo non può essere esclusivamente determinato dalla disaffezione o dalla sfiducia.
Forse, oltre alla distanza della politica dai cittadini, vi è anche una richiesta di rinnovare le forme di partecipazione democratica, gli strumenti di partecipazione e, soprattutto, di dialogo.
Come luterani, quindi, crediamo sia importante non solo porsi all’ascolto della società ma farlo senza pregiudizi particolari.
I numeri dei consensi a proposte politiche che a noi paiono antitetiche rispetto all’insegnamento evangelico devono essere visti nella prospettiva del dimezzamento dell’elettorato attivo. Quindi, tutto sommato, contenuti.
Tuttavia non è possibile liquidare quel che monta dalla nostra società come la reazione di pancia, impaurita e rabbiosa, a quelle che vengono percepite come politiche ed Istituzioni che si contrappongono “all’interesse dei cittadini”.
L’Europa rimane, nonostante le appena concluse elezioni, un esperimento sociale e politico non ancora compiuto.
Le contrapposizioni nei singoli Stati e tra gli Stati non hanno giovato né giovano allo sviluppo in senso più democratico e partecipativo delle nostre società.
Società indiscutibilmente stanche, disilluse che hanno provato a manifestare questa condizione vera o percepita polarizzandosi sempre più.
Ed è paradossale che la polarizzazione si produca proprio quando i vincoli ideologici sono meno forti. Perché il problema risiede forse nel tipo di polarizzazione. Più che sulle idee ci si divide sulle paure.
Perciò insieme all’impegno per la riconciliazione sociale, come Chiese, abbiamo il dovere del dialogo. Del dialogo con chi non la pensa come noi. Cercando e creando spazi e forme nuove di ascolto e confronto, perché chi non la pensa come noi non venga ricacciato verso nuove forme di radicalizzazione e intolleranza.
Siamo chiamati, come Gesù, a tornare sempre e nuovamente sulle domande che ci arrivano dalla società. A spiegare e rispiegare il Vangelo e le scelte ch’esso determina nella nostra vita di credenti.
Scelte precarie, tuttavia, perciò aperte al cambiamento, aperte al dialogo. Non si tratta di ridiscutere i valori della nostra fede, ma di renderli comprensibili, coinvolgenti. Non granitiche certezze, ma punti di partenza su cui costruire una nuova e rinnovata condivisione.
La presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania (EKD), la vescova luterana Kirsten Fehrs, proprio nelle scorse ore lo ha ribadito con forza: grande è la polarizzazione della nostra società; “i semplici appelli non bastano, dobbiamo parlarci“.
Fehrs ha colto un punto che chiarisce la sempre minore incidenza del ruolo delle Chiese, di tutte le Chiese, nella società europea. Lanciare appelli conferma soltanto l’unilateralità del ruolo che le Chiese si sono ritagliate.
Ed invece le Chiese, quindi anche la CELI, non sono soltanto luoghi chiusi, confessionali. Sono luoghi costituzionali, cioè spazi riconosciuti dalla legge fondamentale dello Stato e, come tali, aperti al confronto con tutti e tutte.
Un invito chiaro contro ogni tentazione all’isolamento, a smarcarsi dal dibattito pubblico per costruire sempre più ristrette zone di comfort e di salvaguardia.
L’annuncio dell’Evangelo – del resto – ci chiama e richiama a questo compito fuori dai recinti delle nostre realtà.
Il Vangelo è e perciò rimane un luogo speciale ed unico di comunicazione. Pieno di storie in cui le persone parlano tra loro, discuto tra loro. Si riconciliano tra loro.
Un impegno evangelico, quindi, ma anche diaconale nella responsabilità che abbiamo di dialogare e costruire risposte sensibili, attente, pronte alle preoccupazioni che portano a diverse visioni del mondo.
Dobbiamo resistere alla tentazione selvatica dello scontro come soluzione alla diversità ed alla contrapposizione. E dobbiamo imparare non solo dalla storia ma anche dall’attualità.
È questo il tempo, nonostante tutto, di riprendere ad agire e riprendere a farlo con rinnovata fiducia che il Signore, per noi che ci definiamo cristiani, non è solo rappresentazione della consolazione, ma esempio per andare incontro a chi è distante da me.