Roma, 13 giugno 2024 – Si chiude oggi, a Bonn, la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima SB60. I lavori, aperti il 3 giugno scorso, hanno dato il via ad un forum in vista della 29a Conferenza delle Parti (COP) di novembre a Baku, in Azerbaigian.
La Federazione luterana mondiale (LWF) e il Consiglio ecumenico delle chiese, il movimento Brahma Kumaris, la Chiesa evangelica luterana in America e la Act Church of Sweden, in questa sessione di lavori, hanno organizzato un evento collaterale intitolato “Giustizia climatica e uguaglianza di genere”.
Le Organizzazioni religiose si sono caricate del compito di valutare quanto le discriminazioni di genere influenzano, negativamente, le iniziative e azioni legate alla giustizia climatica.
L’iniziativa ha rappresentato l’occasione per presentare i primi risultati della ricerca della Federazione sullo stato di attuazione del Piano d’Azione sul Genere (GAP) dell’UNFCCC. Il Piano, che vede il coinvolgimento di 20 paesi nel mondo, ha l’obiettivo di fornire raccomandazioni politiche per integrare lo sviluppo dell’uguaglianza di genere nelle politiche climatiche nazionali e nell’uso delle risorse disponibili per queste politiche.
Il clima non può essere un tema esclusivamente maschile
Il cambiamento climatico, infatti, colpisce in maniera differente e sproporzionata le donne e le ragazze rispetto agli uomini.
Molti i fattori che condizionano le ricadute del cambiamento climatico su donne e ragazze: età, povertà, etnia ed emarginazione si sommano alle disuguaglianze di genere.
Perciò le donne incontrano spesso ostacoli nell’influenzare la politica climatica a causa di stereotipi e pregiudizi. Le loro voci sono emarginate, il loro pensiero respinto. Tutto ciò ostacola politiche inclusive e, in ultima analisi, impedisce che le politiche di salvaguardia ambientale risultino inclusive e perciò realmente efficaci.
Soprattutto nelle cosiddetta comunità vulnerabili, le donne devono fare i conti con responsabilità concrete, del contesto e con risorse limitate a fronte di una rappresentanza inadeguata, che ostacola la loro partecipazione ai processi decisionali sul clima.
Nei paesi in via di sviluppo, le donne, che dipendono fortemente dalle risorse locali, devono inoltre affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici. Tra le quali la distruzione dei mezzi di sussistenza e l’aumento del lavoro di assistenza.
Nonostante tutto, le donne continuano a svolgere un ruolo fondamentale nella gestione delle risorse e nell’adattamento ai cambiamenti climatici.
La ricerca della FLM mostra che la performance media dei Paesi campione nell’attuazione del GAP a livello nazionale è inadeguata. Vi è quindi molto spazio ai miglioramenti. Ma anche l’evidenza che i Paesi che hanno implementato con successo politiche di superamento delle discriminazioni di genere rendono le azioni climatiche più efficaci.
Inoltre, livelli più elevati di uguaglianza di genere non si traducono automaticamente in politiche climatiche attente al genere.
Le Organizzazioni religiose possono essere agenti chiave del cambiamento. Questa la convinzione emersa durante i giorni scorsi.
Tali Organizzazioni, possono sostenere con successo l’uguaglianza di genere e promuovere i diritti umani. A partire dal rendere evidente il ruolo delle donne come agenti di cambiamento nell’impegno per il clima.
Per raggiungere questo obiettivo è “necessario aumentare la consapevolezza pubblica esercitando pressioni sui decisori prima di applicare il Piano d’azione sul genere (GAP) a livello nazionale”.
Queste le riflessioni di Michel Omer Laivao del Ministero dell’Ambiente, dell’Ecologia e delle Foreste del Madagascar.
E tuttavia, affinché tali azioni siano sostenibili, le norme, i regolamenti, le risorse e i mezzi di attuazione devono essere nella disponibilità e comprensione di tutte le parti interessate, degli uomini quanto delle donne.