In questo tempo di Avvento e, in vista del prossimo Natale, Gianluca Fiusco ha intervistato per noi Beate Hofmann, vescova della Chiesa Evangelica Regionale di Kurhessen-Waldeck.
Beate Hofmann è stata professoressa di Scienze e gestione della Diaconia presso la Kirchliche Hochschule Wuppertal/Bethel.
Una lunga carriera iniziata con gli studi in teologia protestante a Bethel, quindi ad Heidelberg, Northwestern University di Evanston (Illinois), Amburgo e Monaco di Baviera dal 1983 al 1991.
Cui ha fatto seguito il vicariato presso la Evangeliumskirche di Monaco. Il 31 ottobre 1993 è stata ordinata pastora nella Chiesa evangelica luterana di Baviera. In seguito ha prestato servizio come pastora presso la Reformation Memorial Church di Monaco-Großhadern.
Dal 1997/1998 ha lavorato come assistente di ricerca di Michael Schibilsky presso l’Istituto di teologia pratica dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco, dove ha conseguito il dottorato nel 1999. Dal 1998 al 2003 è stata direttrice degli studi teologici presso la Diakonie Neuendettelsau e dal 2003 al 2013 docente di pedagogia congregazionale presso la Evangelische Hochschule Nürnberg. Nel 2012 si è abilitata presso l’Università Augustana di Scienze Applicate di Neuendettelsau con uno studio empirico sull’educazione religiosa degli adulti e nel 2013 è stata nominata prima professore di scienze diaconali e management diaconale presso la Kirchliche Hochschule Wuppertal/Bethel e dal 2017 direttrice dell’Istituto.
Il 9 maggio 2019 è stata eletta nuova vescova dal Sinodo della Chiesa evangelica di Kurhessen-Waldeck. Beate Hofmann è la prima donna a capo della Chiesa evangelica di Kurhessen-Waldeck, succeduta al vescovo Martin Hein.
È autrice di numerosi volumi, tra i quali: Gute Mütter – starke Frauen: Geschichte und Arbeitsweise des Bayerischen Mütterdienstes, München 2000; Sich im Glauben bilden: der Beitrag von Glaubenskursen zur religiösen Bildung und Sprachfähigkeit Erwachsener. Evangelische Verlagsanstalt, Leipzig 2013; Diakonische Unternehmenskultur. Ein Handbuch für Führungskräfte (Reihe DIAKONIE: Bildung – Gestaltung – Organisation, Bd. 2). Unter Mitarbeit von Cornelia Coenen-Marx, Otto Haussecker, Dörte Rasch und Beate Baberske Krohs, Stuttgart 2008.
Buona lettura
G.: L’irruzione della guerra alle porte dell’Europa quanto ha cambiato, se lo ha fatto, il programma di avvento di quest’anno?
Beate: Con i rifugiati dall’Ucraina, la guerra e i suoi orrori sono in mezzo a noi, e con l’inflazione e la crisi energetica, la povertà e la paura stanno aumentando anche nel nostro Paese. Questo rafforza il desiderio di pace e unità e richiede la nostra solidarietà. In molte delle nostre comunità si cucinano zuppe, si aprono isole di riscaldamento o si accompagnano le persone che non riescono più a pagare le bollette energetiche nell’ambito della iniziativa “Riscaldare l’inverno” della EKD e della Diaconia Tedesca. Allo stesso tempo, risparmiamo noi stessi energia dove possibile, ad esempio quando riscaldiamo uffici e chiese.
G.: All’interno della Chiesa Evangelica Tedesca (EKD) la questione della guerra in Ucraina non ha ricevuto unanimità di riscontri: cosa ne pensa della fornitura di armi all’Ucraina da parte di diversi Paesi, Italia e Germania comprese?
Beate: Come molti altri, ho vissuto il dilemma tra il diritto di difendersi da un aggressore come Putin, che ha iniziato una guerra del tutto ingiustificata, e la consapevolezza che le armi non portano la pace e feriscono o distruggono vite. Dopo qualche esitazione, ho detto: considero le forniture di armi difensive legittime, ma la loro limitazione necessaria. Penso sia un bene se missili e droni su aree residenziali e infrastrutture possono essere evitati.
G.: Ma la guerra ha reso possibile qualcosa che, fino a qualche anno fa, era inimmaginabile: la corsa al riarmo per la Germania. Come Vescova quale è il tuo punto di vista? Siamo in un cambiamento di paradigma della Germania nei confronti del riarmo?
Beate: Sì, purtroppo è così. Negli ultimi mesi abbiamo visto che una potenza mondiale sta conducendo una guerra in modo del tutto sconsiderato e in spregio a tutti gli accordi legali internazionali. Trovo devastante che la logica della deterrenza sembri essere l’unica cosa che frena Putin. Ma stiamo imparando che dobbiamo anche essere in grado di difendere la “pace giusta” e i nostri sistemi legali. Spero che noi, come chiese, riusciremo a dimostrare sempre di più come la risoluzione dei conflitti civili e la pacificazione possano avere successo. Le esperienze italiane nel mondo protestante, per citare qualcosa che voi conoscete bene, sono esempi incoraggianti per me.
G.: In generale: questo dibattito è entrato nelle Chiese. Come ha reagito la sua Chiesa Regionale?
Beate: Abbiamo creato uno spazio per la discussione e il dibattito per esplorare ambivalenze e dilemmi. Invitando le persone non soltanto a pregare per la pace ma prendendoci cura dei rifugiati.
G.: In Italia la nascita di Cristo è sempre accompagnata se non sovrastata dall’immagine e la funzione di Maria. In un Paese tradizionalmente cattolico sembra esser questa immagine a prevalere. Una immagine che tuttavia rafforza l’idea della donna moglie e madre. Si può oggi trarre una lettura diversa della natività senza svalutarla?
Beate: Per me il Magnificat è uno dei testi più rivoluzionari della Bibbia: permette una visione completamente diversa di Maria. Il Natale non è un evento patriarcale, solo la sua interpretazione all’interno della cornice di immagini familiari patriarcali lo ha edulcorato.
G.: L’Avvento ed il Natale sono anche grandi occasioni di consumo. Di contraddizione tra la spinta di chi vorrebbe un mondo più giusto, equo; in cui i cambiamenti climatici siano posti al primo posto delle agende sociali, religiose e politiche. Ed un calendario anche liturgico che sembra essere funzionale alle esigenze del mercato. In che modo possiamo, come protestanti, rendere il tempo di Avvento un tempo per proclamare una fede che non consuma il creato ma che si impegna a riparare i danni che gli abbiamo causato?
Beate: Per me l’Avvento è tradizionalmente un tempo di rinuncia più che di consumo; in cui ci si esercita a fare a meno e a ripensare il consumo in modo che “meno diventi più”. Per molti non è più chiaramente riconoscibile. Ma vale la pena affrontare il problema sempre nuovamente, ad esempio con offerte alternative di Avvento. Ad esempio l’iniziativa „Brot für die Welt“ (Pane per il mondo) contribuisce a portare la solidarietà internazionale in questo periodo.
G.: Domanda diretta: il cristianesimo ha ancora qualcosa da dire alle giovani generazioni?
Beate: Sì, assolutamente. Dobbiamo solo lavorare sodo sul nostro linguaggio e sui nostri modi di comunicare. Abbiamo una buona esperienza coi giovani quali ambasciatori e ambasciatrici di questo messaggio.
G.: La tecnologia ha prodotto cambiamenti di linguaggio, di tempi, di approccio dei giovani alla spiritualità, alla fede. Talvolta radicalizzandone le distanze; altre volte le posizioni. La sfida di questa modernità come può essere colta dalle Chiese Protestanti?
Beate: Ascoltare ciò che Dio ci dice e ciò di cui le persone hanno bisogno e rivolgersi a loro dove si trovano, anche nelle piattaforme sociali e social.
G.: Posso chiederti una parola per il prossimo Natale?
Beate: Dio si fa essere umano, viene in Cristo nel nostro mondo oscuro, non solo dove tutto è santo, a posto, in ordine, luminoso: ma proprio nell’oscurità, nella rottura, nello sfinimento, nella paura. E questo cambia e trasforma le persone, le relazioni e le circostanze.
Ecco perché il Natale è un nutrimento per la speranza che il mondo non sprofondi nella guerra, nel cambiamento climatico e nel caos; il Natale è rafforza l’aspettativa che Dio non ci lascia soli nella paura e nello sconforto.