Roma, 5 luglio 2024 – Il prossimo 7 luglio si celebra la giornata mondiale del cioccolato. Naturalmente questo “oro nero” non poteva mancare nel novero delle giornate dell’anno che si incaricano di ricordarci qualcosa o qualcuno.
Una delizia amata in tutto il mondo, indiscutibilmente. Eppure dietro la produzione del cioccolato si nascondono sfide significative: ambientali e sociali.
L’impatto che la produzione del cacao ha sul pianeta coinvolge, talvolta in maniera assai problematica, le Comunità locali.
Produzione di Cioccolato: un processo complesso
Ed è appunto con la produzione del cacao che inizia il cammino verso il cioccolato. Un frutto – il cacao – coltivato principalmente nei paesi tropicali la cui raccolta e lavorazione coinvolge milioni di piccoli agricoltori, spesso in condizioni economiche difficili.
Il 70% dei semi di cacao del mondo – infatti – proviene da quattro paesi dell’Africa occidentale: Costa d’Avorio, Ghana, Nigeria e Camerun. Tuttavia soltanto la Costa d’Avorio e il Ghana insieme producono oltre la metà del cacao mondiale. A seguire, altri paesi produttori di cacao sono Indonesia e i paesi sudamericani come Brasile e Ecuador.
Si calcola siano sei milioni i contadini, per lo più di piccole aziende, impegnato nella coltivazione del cacao (fonte: FairTrade). Su appezzamenti familiari compresi tra 1 e 5 ettari. E quindi soltanto il 5% proviene da grandi piantagioni.
Ed ancora: si stima che siano però oltre 40 milioni gli agricoltori, lavoratori delle campagne, le loro famiglie nel Sud del mondo il cui sostentamento dipende dalla produzione del cacao. Ed in alcuni Paesi dell’Africa occidentale, fino al 90% degli agricoltori dipendono dalla coltivazione del cacao.
Inoltre la coltivazione del cacao è ancora e largamente un processo manuale: estremamente duro, che richiede una continua attenzione per curare e raccogliere i frutti evitando di comprometterne la maturazione. L’albero di cacao fiorisce tutto l’anno. Produce dei grandi baccelli nei quali si possono trovare tra 20-30 semi racchiusi in una dolce polpa bianca.
Mezzo chilo di cacao esprime il raccolto di un intero anno. Da un solo albero. Tuttavia i baccelli non maturano allo stesso tempo, perciò gli alberi devono essere curati in continuazione. A ciò si aggiunge la estrema delicatezza della pianta: che è perciò sottoposta alle conseguenze dei cambiamenti climatici o all’infestazione di parassiti.
Una importante sfida ambientale e sociale
L’uso delle risorse naturali, il consumo di suolo, la desertificazione, insieme alla diretta dipendenza di milioni di persone dalla produzione del cacao evidenziano quanto poco informati siamo, ad esempio in Europa, sul complesso sistema che si nasconde dietro ogni singola tavoletta di cioccolato.
Inoltre la crescente domanda di cacao ha portato a una deforestazione significativa nelle regioni tropicali. Le foreste pluviali vengono abbattute per fare spazio alle piantagioni di cacao, minacciando la biodiversità e contribuendo all’incremento delle emissioni di carbonio.
Inoltre, per aumentare la produttività, molti coltivatori di cacao ricorrono all’uso intensivo di pesticidi e fertilizzanti chimici. Questo può contaminare le risorse idriche e danneggiare l’ecosistema locale.
Secondo un’inchiesta del Guardian, in Costa d’Avorio la coltivazione del cacao ha portato ad una riduzione di ben il 90% della foresta pluviale dal 1960 ad oggi.
Mentre parallelamente si è sviluppato un mercato illegale di raccolta del cacao. La crescente domanda globale di cioccolato rischia perciò di azzerare la foresta pluviale della Costa d’Avorio entro il 2030 (Il Post, 2018). Stiamo parlando di Paesi nei quali la maggior parte della popolazione è così povera da non potersi permettere una barretta di cioccolato.
Ma vi è un’altra conseguenza rilevante: l’espansione della coltivazione del cacao è determinata direttamente dalla povertà. Infatti, per i contadini non è possibile investire troppo nella cura e mantenimento degli alberi di cacao. Perciò, anziché sostituire gli alberi vecchi o malati, semplicemente allargano la piantagione mettendo in a rischio la sostenibilità della terra.
Questa espansione non si cura delle aree protette o dei parchi nazionali. La necessità di raggiungere una soglia minima di sussistenza porta perciò gli agricoltori a piantare e piantare nuovi alberi.
Quanto alla rete di vendita, è animata da intermediari e grandi industrie cioccolatiere. I passaggi però sono così tanti che, alla fine, è molto complicato garantire l’origine reale del cacao usato.
In parole povere, le piantagioni di cacao rischiano di rappresentare un problema crescente per la biodiversità.
Impatti Sociali
La necessità di rincorrere la soglia di sussistenza gli agricoltori cercano di abbassare i costi impiegando lavoratori minorenni. In condizioni operative schiavizzanti con ricadute che compromettono la salute dei bambini. Migliaia di bambini vengono impiegati in condizioni pericolose e spesso senza accesso all’istruzione.
Inoltre, i piccoli agricoltori che coltivano il cacao spesso vivono in povertà estrema. Sono vulnerabili alle fluttuazioni dei prezzi del mercato e non hanno accesso a infrastrutture di base come assistenza sanitaria e istruzione.
Una fede amara
Nei secoli la Chiesa ha valorizzato l’uso del cioccolato. Durante i periodi quaresimali, ad esempio, il digiuno ecclesiastico veniva regolato con estremo rigore dalle gerarchie cattoliche. Tuttavia, secondo il principio per cui liquidum non frangit, ovvero la bevanda non interrompe il digiuno, era ammesso proprio il consumo di cioccolata calda.
Oggi, tuttavia, nel mondo i cristiani e le cristiane sono direttamente coinvolti in dinamiche di responsabilità ben precise. Impegnarsi nelle sfide della sostenibilità non è semplicemente la risposta ad un generico sforzo di salvaguardia del creato.
I cristiani e le cristiane sono consumatori responsabili. Che compiono cioè scelte informate sulle quali incide la fede.
Supportare progetti sostenibili, in regola con le certificazioni o che operano nell’ambito di iniziative di riforestazione, è un primo passo.
Così come preferire prodotti che tutelano il lavoro degli agricoltori, che arrivano cioè da filiere controllate, dove il lavoro minorile non è una opzione prevista o che partecipano al giusto prezzo del lavoro dei contadini.
Il senso di giornate come queste, tuttavia, non è quello di toglierci il “piacere” di qualcosa: in questo caso del cioccolato. Come cristiani e cristiane abbiamo però il dovere di rendere la nostra fede coerente con le nostre azioni. Il piacere che i frutti del creato alimentano deve essere accompagnato dalla responsabilità che è richiesta a tutti e tutte: a partire da coloro che quel creato lo riconoscono come dono di Dio.
Ufficio Comunicazione per la Rete Ambiente della CELI