Roma, 26 luglio 2024 – La Germania e l’Italia più simili e vicine di quanto non ci si aspetterebbe. Almeno è questo ciò che emerge sul piano della cooperazione e dello sviluppo globale.
La Presidente della Chiesa Evangelica in Germania (EKD), la vescova luterana Kirsten Fehrs, ha messo in guardia sugli effetti dei tagli previsti alla cooperazione allo sviluppo.
Lo scorso 11 luglio, infatti, Fehrs ha espresso preoccupazione per i tagli dei finanziamenti governativi per la cooperazione e lo sviluppo e gli aiuti umanitari.
Analoga situazione nel “belpaese” dove – secondo l’Ocse – “i fondi sono scesi dallo 0,33 allo 0,27%”.
Si allontana, quindi, l’obiettivo dello 0,7% e la campagna 070 diventa un miraggio.
I fondi per la cooperazione e lo sviluppo non rappresentano solamente o semplicemente un aiuto globale. Quanto un vero e proprio argine all’acuirsi delle guerre, carestie, crisi climatiche. In particolare nelle regioni del mondo dove più forte si avverte la morsa delle difficoltà socio-economiche.
Inoltre all’erosione di questi fondi ha fatto da contraltare un aumento della spesa per la crisi Ucraina, in particolare rivolto alla fornitura di armi.
Pace e sicurezza a rischio
Tuttavia, come ha spiegato la Presidente dell’EKD: “la Germania e l’Europa potranno vivere in sicurezza e in pace a lungo termine solo se le persone in tutto il mondo non saranno minacciate dalla fame e dalla povertà estrema“.
Infatti, è la riflessione espressa dalle Chiese protestanti tedesche, solidarietà e umanità, cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario contribuiscono a creare questa sicurezza e sono soprattutto espressione di umanità e carità cristiana.
Attualmente nel mondo soffrono la fame 783 milioni di persone, ovvero quasi il 10% della popolazione mondiale. Di fronte a questa dimensione, i Governi, però, riducono i fondi per gli aiuti. Salvo poi attuare politiche di espansione bellica contemporaneamente al restringimento delle azioni di accoglienza nei confronti, ad esempio, del fenomeno migratorio.
Un restringimento degli aiuti che, va detto, riguarda quasi tutti i Paesi ricchi che, in media, hanno destinato lo 0,37% agli aiuti allo sviluppo. Se si considera quindi l’obiettivo dello 0,70% i 21 Paesi membri dell’UE si sono fermati allo 0,52%.
La speranza tradita
Nel 1970, ad esempio, la Repubblica federale tedesca si era impegnata per la prima volta a perseguire l’obiettivo internazionale di destinare almeno lo 0,7% del reddito nazionale lordo alla lotta contro la fame e la povertà estrema.
Nel 2015, i capi di Stato e di governo di quasi tutti i paesi del mondo promisero di fare tutto il possibile per sconfiggere completamente la fame e la povertà estrema entro il 2030.
La comunità globale ha fissato un totale di 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile globale. Tra i quali la riduzione delle disuguaglianze sociali e la protezione delle basi naturali della vita. Oggi il raggiungimento di questi obiettivi, noti anche come Agenda 2030, è diventato molto lontano se non irrealistico.
Le Chiese non possono rimanere in silenzio
Una speranza tradita che le Chiese non possono limitarsi a registrare come tale. Tanto più se si considera che alla riduzione dei fondi corrisponde un continuo ripetersi di annunci e di slogan, come, ad esempio, “aiutare i migranti a casa loro” che, nei fatti, vede ridursi i fondi per gli aiuti bilaterali ai Paesi africani da 515 milioni del 2022 a 351 nel 2023.
Così come i fondi destinati ai Paesi a basso tassi di sviluppo (Ldc), cioè quelli con più elevata povertà e fragilità sociale: da 381 milioni a 265 milioni di dollari nel 2023. O il fondo per gli aiuti per le più gravi crisi umanitarie: da 398 a 255 milioni.
L’allarme lanciato dalla Chiesa tedesca, quindi, ci riguarda. Non tanto per le risorse che, concretamente le Chiese potrebbero stanziare. Come Chiesa di minoranza, quella Luterana in Italia, fa già tanto quanto in suo potere per sostenere, ad esempio, l’accoglienza e l’integrazione. Così come per alimentare lo sviluppo interno, con il bando per i microprogetti sostenuto con i fondi dell’otto per mille luterano. Ma anche con i progetti di aiuto e assistenza delle Comunità luterana in Italia.
Tuttavia abbiamo la necessità di mantenere alto il livello di attenzione verso un impegno di redistribuzione delle risorse, delle ricchezze, delle possibilità più equo. Evitando di lasciarsi vincere dalla tentazione della competizione tra povertà.
Mentre è infatti innegabile che, anche a livello interno, la sofferenza di chi vive in condizioni di indigenza o di difficoltà sia sempre più presente e produca spesso rabbia e disaffezione nei confronti delle Istituzioni. È altrettanto preoccupante che queste paure e questa rabbia finiscano per alimentare un sentimento sempre più egoistico che le Chiese si trovano poi a dover gestire in una oggettiva condizione di isolamento e difficoltà.
Con un crescente livello di propaganda che, su questi temi, costruisce effimere ma nel breve periodo efficaci campagne di odio e risentimento che hanno delle conseguenze dirette sulle nostre vite.
Siamo quindi chiamati e chiamate a responsabilità, attenzione e vigilanza, oltre che all’impegno già profuso dalle nostre Comunità nella società italiana.