Cari Amici, Care Amiche,
Care Sorelle, cari Fratelli,
un nuovo anno inizia con un verso biblico ed una storia molto interessanti. La storia è quella di Sarai, Abram e Agar: della nascita di Ismaele che pone la premessa alla conflittualità con Isacco, e delle promesse di Dio che si compiono nonostante gli esseri umani facciano di tutto per piegarle alle proprie necessità. Ed il verso 13 tratto dal capitolo 16 del libro della Genesi: Tu sei un Dio che mi vede!
A pronunciarlo una donna, Agar. Una schiava. Una madre surrogata. Che viene cioè scelta per partorire un figlio che sa già non le apparterrà, Ismaele, da cui discenderanno i popoli arabi.
Una storia che narra di amori e litigi, di violente gelosie e rapporti familiari complicati. Bugie, inganni e fallimenti. Di emarginazione, solitudine. E di nuovi inizi.
Dio vede, quindi. È cioè partecipe di quel che succede: vede il sogno di Agar e vede Agar nella sua condizione.
Vede la gelosia di Sarai e l’inadeguatezza di Abram. Vede le vessazioni contro Agar, la sua solitudine e la disperazione della fuga.
Lo sguardo di Dio non è estraneo alla storia. Non è uno spettatore disinteressato: né quella davanti ai suoi occhi l’ennesima serie in streaming!
Dio vede e interviene: umanità e dolore non lasciano indifferente il Signore. Dinanzi all’anonimato di “serva”, con cui viene sempre apostrofata da Sarai, Dio le restituisce un nome chiamandola Agar. Le riconosce una identità. E gliela riconosce nonostante tutti gliela negassero.
Nonostante il potere, le gerarchie, la violenza di cui sono capaci gli esseri umani e nonostante l’assenza di solidarietà femminile. Prevale il matriarcato ed il padronato ed è l’uso del potere ad interrompere ma a non risolvere il conflitto.
Agar espulsa dalla tribù perché serva, diventa cioè la vittima prediletta. Questo conflitto è anticipato da un altro, familiare, interno alla tribù: quello tra Abram e Lot. Troppe ricchezze finiscono per dividere i due e la soluzione, anche in questo caso, è evitare il conflitto: se tu andrai a destra io andrò a sinistra e viceversa, disse Abram a Lot (Genesi 13, 8).
I doni di Dio, il compimento delle sue promesse, diventano motivo di conflitto e rivalità con gli altri, le altre. Così come il dono di un figlio promesso lo diventa per Agar e Sarai.
Viviamo oggi come allora tempi paradossali e vite al limite nel senso che ognuno di noi, ognuna di noi è su un confine che si assottiglia. In cui i ruoli tendono a sovrapporsi, le sorti a scambiarsi, le vite a confondersi.
Come nella storia di Agar, Sarai e Abram non esiste una dualità perfetta e riconoscibile: bene e male sono caratteristiche che esistono e insistono in ciascuna delle singole storie di ogni personaggio.
La visione di Dio è quindi un quadro complesso in cui la nostra umanità non è semplificata fino a diventare la caricatura di ciò che siamo e che però possiamo diventare in meglio.
L’opportunità della visione di Dio, che il suo sguardo offre al nostro è la consapevolezza che, per quanto complicata possa essere la nostra esistenza, essa ci permette di rendere nuova ogni scelta, ogni pensiero, ogni giorno, ogni anno.
Di rendere cioè le promesse che ci facciamo, pur se simili o uguali a quelle dell’anno ormai trascorso, possibili adesso. Una occasione perché il conflitto non prevalga pure in un tempo in cui guerre e violenze dominano la cronaca quotidiana.
Un rinnovamento possibile, capace di trasformarci in persone nuove profondamente umane, piene di contraddizioni e debolezze, perciò degne di essere viste da Dio.
Buon nuovo anno a tutti e tutte!
Carsten Gerdes, Decano
Kirsten Thiele, Vice Decana