Roma, 16 aprile 2024 – Con il decreto del 22 febbraio scorso, il Ministero dell’istruzione e del merito ha avviato le procedure per il concorso per la copertura di 6.428 posti di personale insegnante di religione cattolica (70% straordinario e 30% ordinario).
Meno 16% e più 15%
Secondo i dati diffusi dal quotidiano la Repubblica, negli ultimi anni la spesa per l’ora di Religione è aumentata del 15%.
Per il 2024 il costo dell’insegnamento della religione a carico dello Stato è di 859 milioni. Nel 2019, cinque anni fa era di 745 milioni di euro: il 15% in meno. E nel 2014, dieci anni fa, di 665 milioni: ben 194 in meno rispetto oggi.
Nel frattempo, gli alunni che non si avvalgono più di questo insegnamento sono arrivati al 16%. In crescita di mezzo punto percentuale all’anno.
Per l’anno 2022/2023, ultimo rilevato in ordine di tempo dall’ufficio statistica della Cei, la Conferenza episcopale italiana, la quota di alunni di tutti gli ordini scolastici che esce dall’aula quando fa ingresso il docente di religione sfiora il 16%: un milione e 300mila alunni.
In pratica, da quando esiste l’Irc (insegnamento religione cattolica), il calo sembra ormai essere strutturale e non ha di fatto prodotto alcun risparmio per i conti dello Stato.
La scelta confessionale non paga
Ma vi è di più. L’aver voluto mantenere un sistema saldamente e irremovibilmente confessionale nell’insegnamento della religione non ha prodotto “maggiori credenti“. O una società “più cristiana“. Anzi, lo svuotamento delle Chiese conferma semmai che decenni di presidio di scuole, uffici e cerimonie pubbliche, frutto del concordato del 1929, se non ha penalizzato il sentimento religioso degli italiani e delle italiane almeno non lo ha rinvigorito.
Non possiamo sapere come sarebbe andata se, alla scelta confessionale, si fosse preferito una scelta culturale: ovvero l’insegnamento di una storia delle religioni.
Non è mai troppo tardi
Come i luterani evidenziano da tempo, peraltro non da soli, è urgente ripensare il modello educativo del fatto religioso a scuola emancipandolo dal confessionalismo estendendo il coinvolgimento alle confessioni religiose non cattoliche.
Provando cioè a spostare la riflessione dalla necessità confessionale alla necessità culturale in cui l’elemento religioso venga inserito, più correttamente per i tempi, nella formazione alla pluralità .
Una formazione storica, antropologica e culturale, appunto, per fornire alle giovani generazioni gli strumenti per una spiritualità più matura. Capace non solo di scelte più libere, ma soprattutto consapevoli, adulte e soprattutto informate.