Roma, 27 novembre 2023 – È questa la preoccupazione del Rev. Imad Haddad della Chiesa evangelica luterana in Giordania e Terra Santa (ELCJHL).
Il pastore luterano si dice felice per il cessate il fuoco, ma, allo stesso tempo, si domanda cosa accadrà subito dopo. E, soprattutto, si parla di pace ma “che tipo di pace sarà”.
Pastore di una piccola comunità di rifugiati per lo più palestinesi, Haddad si occupa della Chiesa luterana del Buon Pastore ad Amman.
La guerra a Gaza sta avendo un profondo impatto emotivo e fisico sulle persone, sottolinea. Alcuni membri della Comunità luterana hanno perso familiari. Molti di loro hanno vissuto le guerre del 1948 o del 1967 e sentono di vivere oggi una nuova Nakba.
Una disperazione che preoccupa sul futuro che toccherà a coloro che sono fuggiti: col rischio si sentano nuovamente abbandonati e venga loro negato un futuro in Terra Santa.
Imad Haddad, chi è?
Nato e cresciuto a Beit Jala, Haddad è stato ordinato ministro della Chiesa evangelica luterana in Giordania e Terra Santa nel 2008. Ha così servito a Beit Sahour e poi a Ramallah fino a trasferirsi nel 2020, con moglie e le due figlie, ad Amman.
Per Haddad non è in discussione l’importanza di ogni vita umana, preziosa per dio. Un diritto che deve essere rispettato tanto “da Hamas che da Israele durante la guerra, il conflitto e l’occupazione“.
Dal terribile e inaccettabile attacco di Hamas nel sud di Israele, con l’uccisione di 1.200 persone, funzionari palestinesi affermano che finora a Gaza sono morte più di 14.000 persone.
Per il pastore luterano le chiese non dovrebbero dimenticare, quando parlano di questa guerra, le datate “sofferenze, le ingiustizie, l’occupazione” e l’esperienza vissuta dal popolo palestinese.
Perciò le dichiarazioni e lettere “non bastano”, insiste. “Ciò di cui abbiamo bisogno è azione sul campo, come gli sforzi della Federazione luterana mondiale per sostenere l’ospedale Al-Ahli gestito dagli anglicani a Gaza”.
Haddad invita inoltre a distinguere attentamente tra le relazioni che le Chiese hanno con il popolo ebraico e lo Stato di Israele. Uno Stato, prosegue, “che ha responsabilità e obblighi dinanzi al diritto internazionale”.
Due stati?
Sul punto Haddad non è ottimista. Pur rimanendo fiducioso sulle prospettive di soluzioni praticabili che possano portare a una pace duratura in Terra Santa.
Per il vescovo luterano e presidente del Consiglio ecumenico delle chiese (WCC), Heinrich Bedford-Strohm, Israele e lo Stato di Palestina devono finalmente coesistere e coesistere in pace nella regione.
“I brutali omicidi di Hamas in Israele mi hanno scioccato profondamente“, ha detto Heinrich Bedford-Strohm.
Al tempo stesso, ha dichiarato il Presidente del Consiglio Ecumenico delle Chiese all’agenzia stampa EPD, sono rimasti “profondamente scioccati dall’elevata perdita di vite umane nella Striscia di Gaza” a seguito dell’offensiva israeliana contro Hamas. Anche la violenza dei coloni ebrei contro i palestinesi in Cisgiordania è inaccettabile.
Ha respinto le accuse secondo cui la leadership del WCC si sarebbe schierata unilateralmente con i palestinesi nel conflitto in Medio Oriente o avrebbe addirittura tendenze antisemite.
Per Bedford-Strohm “l’accusa di antisemitismo è completamente assurda, nessuno nella leadership del WCC è antisemita”.
Mantenere viva la speranza
In questo contesto, è certamente difficile mantenere viva la speranza, per sé e per la sua congregazione. Tanto più perché a volte Haddad ha la sensazione che “la mia fede e la mia identità palestinese siano messe in discussione” anche da alcuni cristiani in Occidente.
“Quando mi alzo per predicare, dico che sono stanco e arrabbiato, che lotto con Dio. Ma dico loro anche che Dio ascolta il mio grido. Dio è con noi anche quando attraversiamo i posti di blocco e questo ci dà la forza per continuare. Sappiamo che ciò che abbiamo ora non è ciò per cui Dio ci ha chiamati”.
Glossario e approfondimenti Nakba, in arabo النكبة, assume in se diversi significati: disastro, catastrofe, e richiama l'esodo palestinese a seguito della guerra civile del 1947-48. In questo conflitto oltre 700.000 arabi palestinesi abbandonarono o furono espulsi dai loro territori. Successivamente fu loro negato il diritto di tornare alle proprie terre. Articolo in inglese a cura della Federazione Luterana Mondiale, qui. Intervista EPD, Bedford-Strohm qui (in tedesco). Foto, ELKB/Rost -