Roma, 27 gennaio 2025 – Il 27 gennaio si celebra la Giornata in memoria delle vittime del nazionalsocialismo. Questa data, in Italia Giorno della Memoria, ricorda l’anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau nel 1945. L’esercito sovietico pose fine all’orrore del più grande campo di sterminio nazista, diventato simbolo dell’Olocausto.
In Germania, il 27 gennaio è riconosciuto come giorno della memoria nazionale dal 1996, mentre in Italia è con la legge 20 luglio 2000 n. 211, che viene istituito «Giorno della Memoria» in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti. Dal 2005, le Nazioni Unite hanno istituito questa ricorrenza come Giornata internazionale in ricordo delle vittime dell’Olocausto. Ogni anno, milioni di persone in tutto il mondo riflettono sugli eventi che portarono alla deportazione e sterminio di milioni di ebrei, rom, sinti, oppositori politici, persone con disabilità e altre minoranze.
Il 2025 segna un anniversario importante: ottant’anni dalla fine di Auschwitz. Questa ricorrenza invita tutti a ricordare il passato per evitare che simili tragedie si ripetano.
Un presente difficile
Il Giorno della Memoria, nel contesto attuale, alimenta riflessioni complesse e non facili. Le azioni militari di Israele a Gaza, scatenate dopo l’attentato terroristico del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas, mettono in evidenza tensioni che non possono essere ignorate. Pur nella consapevolezza che il significato dell’Olocausto resta unico e inimitabile nella storia umana, nonostante altre tragedie richiedano attenzione e riflessione.
L’Olocausto rappresenta l’apice della persecuzione sistematica e dello sterminio, un evento senza precedenti per brutalità e organizzazione. Ricordarlo è quindi un dovere imprescindibile, non solo per onorare le vittime, ma per interrogarci sul presente. Per evitare che l’esercizio della memoria divenga sterile, essa deve parlare al nostro tempo e ai conflitti che lo attraversano.
Perciò non possiamo ignorare quanto oggi l’empatia verso Israele risulti provata di fronte a ciò che molti definiscono crimini contro l’umanità nei confronti del popolo palestinese. Questo non annulla la necessità di distinguere tra la responsabilità storica degli orrori del nazifascismo e le dinamiche attuali. Come cristiani e cristiane, dobbiamo riconoscere il nostro ruolo nelle persecuzioni antiebraiche, non solo durante la Shoah, ma anche nei secoli precedenti. Il peso di questa storia ci richiama a un esame critico, senza cedimenti a parallelismi fuorvianti.
Non solo una terribile unicità
La memoria dell’Olocausto rimane una necessità unica ma non una semplice commemorazione. È un’occasione per confessare il fallimento umano nella costruzione di una società giusta, impegnata a costruire la pace e ribadire una promessa di responsabilità. Non abbiamo imparato a evitare la guerra. La distruzione in Palestina, il conflitto in Ucraina, le tensioni globali e le promesse di nuove invasioni, le rivendicazioni di nuovi domini mostrano che l’odio continua a trovare spazio.
Questo farsi spazio dell’odio nella nostra vita ha conseguenze inimmaginabili fino a quando non si realizzano.
L’unicità dell’olocausto è frutto di un processo che non fu unico: ovvero il moltiplicarsi dell’odio e della rabbia in una società che si era smarrita. Un risultato terribile e certo unico, ma figlio di un percorso non nuovo nella storia. Un processo che perciò rischia di ripetersi drammaticamente oggi.
Scegliere la grazia di Dio e agire finché abbiamo tempo
La Parola di grazia ci invita, anche in questo contesto, a operare per la pace, sapendo che essa sarà sempre fragile e richiederà un impegno costante. Ma anche ad intervenire proprio mentre abbiamo ancora il tempo di farlo.
La legge italiana che ha istituito il Giorno della Memoria è chiara: non è un inno generico alla pace, ma un richiamo specifico a riflettere sulle leggi razziali, sulle persecuzioni e sul razzismo come fondamento legislativo dello Stato. Questa legge non ammette appiattimenti o confusione. Non si tratta di equiparare l’Olocausto ad altri eventi, ma di imparare dalla sua unicità per affrontare le sfide odierne con coerenza morale.
Ciononostante, ignorare le proporzioni di altri genocidi passati e presenti rischia di ridurre la memoria a un esercizio vuoto di senso per l’oggi. La riflessione sul passato deve perciò includere una visione critica del presente, non per relativizzare l’Olocausto, ma per dare coerenza al nostro impegno insieme etico, cristiano e civile. Oggi più che mai, ricordare l’Olocausto significa rifiutare ogni forma di oppressione e pregiudizio, ovunque si manifestino. Non accettare passivamente o per ragioni di convenienza che le nostre società covino odio e rabbia.
Il Giorno della Memoria non è perciò solo una data sul calendario. È un invito a riconoscere la dignità umana come valore universale, a partire dalla memoria storica. Solo affrontando con onestà le responsabilità del passato possiamo costruire un futuro in cui la pace, anche se precaria, abbia ancora senso.
In copertina, Denkmal für die ermordeten Juden Europas (Berlino - Mitte)