Roma, 9 aprile 2023 – Care Amiche, cari Amici, la Pasqua segna un tempo molto importante nella vita delle Chiese cristiane. Gesù viene condotto a morte.
Noi oggi conosciamo l’epilogo di quella storia: la resurrezione. Ma se quel racconto fosse una serie streaming dovremmo attendere la puntata successiva per scoprire come è andata a finire.
Al tempo di Gesù i molti, il popolo, sono testimoni della morte di Cristo. Della crocifissione. Pochi coloro che parteciperanno della sua resurrezione. Per i molti Cristo rimane nella sua tomba a testimonianza di un destino scritto: delitto e castigo. Il delitto di Gesù? Aver sfidato il suo tempo annunciando una prospettiva nuova sia alla legge ma, soprattutto, alla fede. Il castigo? La morte.
Le pratiche, i riti, le processioni, le interpretazioni dei testi sacri, della Torah e le leggi in essa contenute, vengono superate da un annuncio semplice: ama il tuo Dio con tutto il cuore ed il prossimo come te stesso, come te stessa.
La sfida di Cristo, in poche parole, è stata la più semplice, comprensibile perciò intollerabile. Su questa sfida, rivolta alla coscienza dei singoli più che alle autorità religiose, caddero tutte le costruzioni umane con cui si interpretava il volere di Dio e, appunto, la sua legge.
La condanna nei confronti di Gesù fu infatti quella che, umanamente, avrebbe permesso di ristabilire l’ordine. Ma ciò che succede dopo è un colpo di scena. La parola di Gesù non muore. Quella sfida, che mette in domanda le nostre esistenze, non rimane chiusa nella tomba.
Risorge nonostante la morte, si presenta oggi nonostante la fuga dalle Chiese; e noi non possiamo sfuggirvi nonostante la stanchezza.
Questa parola sfida noi come singoli, come persone, come credenti e come pastori e pastore.
Viviamo un tempo di passione per le nostre società. Un tempo in cui non c’è pace. Più che negli ultimi 70 anni. Un tempo in cui la folla grida contro l’apparente semplicità di quell’annuncio: ama Dio ed ama il tuo prossimo come te stesso, te stessa.
E nonostante tutto questo messaggio continua a sfidare la società e noi come Chiesa. Perché, per ogni passo che possiamo compiere nella direzione che ci è indicata, l’amore che potremmo non lo raggiungiamo, mentre la stanchezza cui non dovremmo concederci, ci assale.
Ma la prospettiva non è un finale scontato. La prossima puntata non è una pietra tombale chiusa, serrata davanti al nostro cammino. È semmai il finale inaspettato. Un finale che non finisce.
Gesù risorge dalla morte e, più che con la sua presenza, rilancia la sfida con l’umanità attraverso l’orizzonte dell’amore: verso Dio e verso i nostri prossimi.
Tanto più l’assenza fisica di Cristo rassicura coloro che pensavano di annientarne la forza, tanto più quel messaggio scava le coscienze, invita all’impegno, suscita domande e costruisce speranza.
La Pasqua, quindi, non è il film già visto. Non è la stagione di una serie che ha perso smalto. È un colpo di scena che risveglia le nostre coscienze, i nostri cuori, restituendo alle nostre esistente una prospettiva inaspettata: della speranza che supera la morte, la guerra, la distruzione, l’illusione e la sfiducia.
Cogliamo – quindi – questa occasione così come ci è offerta. Semplicemente.
Buona Pasqua a tutti e tutte.