Roma, 8 gennaio 2024 – Non sfugge l’amara ironia di celebrare un bambino nato a Betlemme – nel nord-est della Striscia di Gaza – e la morte terribile di migliaia di bambini nella sola Gaza dal 7 ottobre 2023. Oltre alle migliaia di bambini che risultano dispersi sotto le macerie. Con queste parole l’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (WACC), ha aperto l’inizio del 2024.
Oggi che l’eco del Natale inizia a spegnersi, l’Associazione dei comunicatori cristiani, in cui la CELI è presente mediante il proprio responsabile per la comunicazione, vuol richiamare l’attenzione delle Chiese a quattro mesi dall’attacco di Hamas ad Israele e la risposta che le forze di difesa israeliane (IDF) hanno praticato fino ad oggi.
L’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana ha ribadito quanto l’escalation della guerra stia compromettendo la libertà dell’informazione sul conflitto in corso.
WACC è tornata sulla “lista della vergogna” del Segretario Generale delle Nazioni Unite. Governi e gruppi armati non governativi sono responsabili di gravi violazioni contro i bambini. Uccisioni, mutilazioni, rapimenti, attacchi a scuole e ospedali e negazione dell’accesso umanitario. Una lista che, come sottolineato da Human Rights Watch, omette Israele.
Perché?
I bombardamenti indiscriminati hanno cancellato vite umane e mezzi di sussistenza; ospedali e scuole; nonché centinaia di tombe palestinesi sono scomparse sotto i bulldozer dell’IDF. Oltre alla morte orrenda di uomini, donne e bambini, il mondo è stato testimone di propaganda razzista. Notizie false e disinformazione in gran parte su piattaforme digitali.
Infatti tra gli obiettivi non dichiarati di questa guerra alla fine, ad esempio, troviamo proprio i giornalisti.
Per Antonio Zappulla, CEO della Thomson Reuters Foundation, “Mentre le informazioni diventano una valuta sempre più preziosa, gli sforzi per controllarle hanno assunto forme nuove e allarmanti. L’estinzione sistematica della libertà di parola dipende ora da un arsenale di armi puntato contro i molti piuttosto che contro i pochi; un’ondata globale di minacce legali contro i giornalisti, progettate per soffocare le narrazioni indesiderate e il dibattito pubblico”1.
“Anche in Europa stiamo assistendo ad una distorsione delle possibilità e delle libertà di informazione“. Questo il commento di Gianluca Fiusco, responsabile della comunicazione della CELI: “Abbiamo assistito ad un paradosso terribile: l’auto-contenimento. Cioè la paura, per i giornalisti e le agenzie indipendenti, a svolgere un approfondimento critico nei confronti dell’informazione su questo conflitto in Palestina“.
Il conflitto Israele/Hamas, tornando alla nota WACC, ha messo in luce accordi poco trasparenti con le società di social media. L’obiettivo è rimuovere post, bloccare pagine di notizie, contenuti e account relativi alla Palestina. Attacchi diretti contro giornalisti e mezzi di informazione all’interno dei territori palestinesi occupati (Cisgiordania e Gerusalemme Est/Striscia di Gaza). E la chiusura forzata delle stazioni televisive e radiofoniche con la distruzione di costose apparecchiature di trasmissione.
“Nulla di nuovo – prosegue Fiusco – avevamo già visto con il conflitto in Ucraina dopo l’aggressione russa del 24 febbraio del 2022, che il giornalismo di approfondimento veniva tollerato solo se assertivo alla narrazione data del conflitto. Tuttavia deve preoccuparci quando l’apparente molteplicità di fonti di informazione parla lo stesso linguaggio; segue la stessa narrazione. È l’altro estremo: da un lato le fake news, dall’altro l’informazione che si fa propaganda. Le Chiese possono perciò giocare un ruolo cruciale nello sviluppo e difesa di una informazione realmente plurale. Perciò è urgente che chi opera in questo settore, e lo fa in ambito religioso, possa trovare spazi di confronto e sviluppo che impegnino le Chiese non solo idealmente ma concretamente“.
Non solo. Il 5 novembre scorso è passato quasi sotto silenzio, il fermo arbitrario della troupe di cronisti di ARD da parte dei soldati israeliani in Cisgiordania. Al ritorno da un viaggio per documentare la violenza dei coloni radicali contro i palestinesi, la troupe di ARD è stata trattenuta e minacciata mentre, secondo quanto riferito dal corrispondente Jan-Christoph Kitzler, stava già tornando in sede.
Kitzler ha riferito che i soldati si sono comportati in modo estremamente aggressivo nei confronti della squadra ARD .
Secondo la squadra, i soldati erano probabilmente coloni della zona che richiamati come riservisti. Viaggiavano a bordo di un veicolo privato e indossavano copricapi civili.
“I soldati ci hanno minacciato con le armi e ci hanno chiesto se eravamo ebrei. Ed il nostro collega insultato come traditore“, riferisce Kitzler. La squadra ARD era lì per riferire sulla violenza dei coloni radicali contro i palestinesi nella Cisgiordania occupata da Israele. Casi simili sono aumentati via via che la guerra ha preso piede.
Pratiche simili – denuncia WACC – sono osservate in molti altri paesi dove le prime vittime della guerra sono anche i civili: i giornalisti e le infrastrutture di comunicazione. Secondo il World Press Freedom Index 2023 – che monitora la scena giornalistica in 180 paesi e territori – la situazione è “molto grave” in 31 paesi, “difficile” in 42, “problematica” in 55 e “buona” o “soddisfacente” in soli 52 paesi.
La pace non è solo assenza di guerra. La pace è un ambiente . Conosciuta come pace positiva, dalla definizione del sociologo norvegese Johan Galtung, è costruita su investimenti a lungo termine nella sicurezza sociale ed economica, nonché su atteggiamenti politici e sociali che arricchiscono la vita comunitaria.
WACC – Associazione mondiale per la comunicazione cristiana
A Gaza, prosegue la nota WACC, quell’ambiente è stato spazzato via. Censura, autocensura, disinformazione, hanno soffocato le voci critiche, gli attivisti che dipendono dalla libertà dei media per dire le cose come stanno o per esprimere le loro paure. A Gaza, un ecosistema informativo frammentato ha portato al silenzio delle voci locali che potrebbero fornire informazioni salvavita, soprattutto per i neonati e le loro madri.
Poiché ancora oggi non si vede la fine di questa orribile guerra che ha violatoì leggi umanitarie internazionali, è necessario iniziare a lavorare per ricostruire le vite dei palestinesi attraverso una comunicazione che consenta a un popolo dilaniato non solo di essere visto – sia all’interno che all’esterno del paese – ma anche di essere effettivamente ascoltato. Un compito che, sottolinea la WACC, non sarà facile.
In un recente libro dedicato a “tutti i bambini di questo pianeta”, l’esperto di comunicazione Cees Hamelink chiede una comunicazione compassionevole. Capace cioè di rispettare l’azione dell’altro; riconoscere l’uguaglianza dei partner comunicativi che la avviano; accettare i vantaggi reciproci della libertà comunicativa. Insomma, giustizia comunicativa2.
Eppure, in una terra dove la vita dei bambini sembra essere vana, la comunicazione compassionevole rischia di nascere già morta.
Fonti e approfondimento Articolo originale, qui (in inglese). Notizia sull'aggressione della troupe ARD, qui (in tedesco).
- From the Foreword to Weaponising the Law: Attacks on Media Freedom. Report by Joel Simon, Carlos Lauría, and Ona Flores. Thomson Reuters Foundation and the Tow Center for Digital Journalism (April 2023). ↩︎
- Hamelink, Cees J. (2023). Communication and Human Rights: Towards Communicative Justice. Polity Press. ↩︎