28 giugno 2024 – È questa l’analisi illustrata nel corso di un evento organizzato dalla Federazione Luterana Mondiale (LWF), insieme ai partner ecumenici e alle agenzie della Nazioni Unite durante la recente riunione del Consiglio per i diritti umani a Ginevra.
L’iniziativa, dal titolo “Esplorare gli impatti di genere dei conflitti violenti e della guerra” del 20 giugno scorso, sponsorizzato dalla FLM in collaborazione con il Consiglio Mondiale delle Chiese (WCC), ACT Alliance e l’Associazione Cristiana delle Giovani Donne (YWCA), ha mostrato le strategie per proteggere i diritti umani delle donne, sottolineando l’interconnessione tra la giustizia di genere e la ricerca di un mondo più pacifico.
La guerra ha un impatto “devastante e sproporzionato” su donne e ragazze. Compresi gli omicidi, la schiavitù sessuale, l’aumento dei matrimoni precoci e la limitazione all’accesso ai servizi essenziali. Alla fine del 2023 l’ONU ha segnalato il maggior numero di conflitti violenti attivi dalla Seconda Guerra Mondiale e ha avvertito che “lo stupro continua ad essere utilizzato come arma di guerra”.
Ai conflitti e alla guerra si accompagnano i rischi associati all’aumento della violenza sessuale e di genere, alla tratta di esseri umani, alla perdita di posti di lavoro, alla perdita di opportunità economiche, alla riduzione dell’accesso all’istruzione e ai servizi di salute riproduttiva.
Risoluzione storica
Nell’ottobre 2000 con una storica risoluzione, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, chiese misure speciali per proteggere donne e ragazze nei conflitti armati. Affermando al contempo l’importante ruolo delle donne nella prevenzione, nei negoziati di pace e nella costruzione della pace.
Tuttavia, secondo il Council on Foreign Relations, nel 2022 le donne rappresentavano ancora e solo il 16 percento dei negoziatori nei processi di pace attivi guidati o co-guidati dalle Nazioni Unite. Persino in calo rispetto al 23 percento del 2020. Nessuna donna è stata inclusa nei team di negoziazione che si occupano dei conflitti in Etiopia, Myanmar, Balcani, Sudan o Yemen.
Nonostante le evidenze schiaccianti dimostrino che una maggiore inclusione delle donne nei processi di pacificazione porta a negoziati più efficaci e risultati migliori.
Le ricerche sociali condotte dal Graduate Institute for Development and International Studies di Ginevra Nazioni Unite hanno dimostrato come le organizzazioni per i diritti delle donne abbiano contribuito a costruire la pace nelle loro comunità in vari modi. Duraturi e concreti.
Costruire una cultura di pace
A partire dall’influenzare i negoziati ufficiali di pace (ad esempio in Colombia, Filippine, Sud Sudan), attraverso l’organizzazione di programmi socio-economici e il sostegno ai veterani o alle vittime dei conflitti; fino alla promozione di una cultura di pace e all’attuazione dei testi degli accordi di pace nei diversi Paesi.
Le Organizzazioni religiose, le Chiese possono svolgere ancora un ruolo vitale nei processi di pace: dai primi soccorsi, fino alla promozione dei diritti umani, l’inclusione di genere nei processi di pace e nelle situazioni di conflitto. L’obiettivo è la promozione della coesione sociale e della tolleranza; la stabilità economica e la resilienza delle comunità attraverso programmi di sviluppo. Perciò le Comunità di fede devono incoraggiare soluzioni non violente e riconciliazione, ricordandosi del loro mandato evangelico e degli sforzi necessari per la costruzione della pace e di dialogo.
Nel corso dell’iniziativa è stata ribadita dai partecipanti la necessità di investire maggiori risorse per supportare i difensori dei diritti umani delle donne, le Organizzazioni sociali impegnate nel supporto umanitario nelle zone di conflitto.
Con una solida strategia di protezione per le donne e le ragazze durante le guerre.