Roma, 10 gennaio 2024 – Firmata nelle scorse ore l’intesa tra il MIUR e la Conferenza Episcopale Italiana. Con questo nuovo accordo, di fatto prende il via concorso ordinario per la copertura dei posti per l’insegnamento della religione cattolica, previsto dall’articolo 1-bis della legge 159/19.
Si tratta di 6400 docenti che troveranno così sistemazione. Tra concorso straordinario e ordinario, nei ranghi della Scuola statale in Italia e che quindi verranno pagati dallo Stato.
Tra i requisiti è prevista la certificazione dell’idoneità diocesana all’insegnamento della religione cattolica.
Non è certo una novità. Nè che si creino concorsi ad hoc per gli insegnanti di religione cattolica. E neppure che tra i requisiti, così come nelle commissioni, compaia l’intervento diretto delle Istituzioni ecclesiastiche cattoliche romane.
Come Luterani non siamo pregiudizialmente contrari all’insegnamento del fatto religioso a scuola. Ed è forse giunto il tempo, anche in Italia, per andare oltre le barricate ideologiche. E provare a comprendere che la società, anche quella italiana, è profondamente mutata.
Non si tratta soltanto, né semplicemente di prendere atto delle diversità che già ora abitano e si muovono dentro le case, le famiglie, i giovani.
La preparazione scolastica improntata ad un modello confessionale non ha prodotto nuove vocazioni. Né, tantomeno, ha invertito la tendenza allo “spopolamento religioso” che quasi tutte le religioni oggi vivono.
È necessario, invece, fare i conti con le mutate necessità spirituali dei giovani. Mutate non significa assenti, quanto diverse da quelle che abbiamo conosciuto fino a 20 o trenta anni fa.
Queste iniziative particolari sembra vogliano ribadire quanto la Scuola statale in Italia sia una sorta di “riserva indiana” ad uso di un confessionalismo anacronistico persino per gli stessi insegnanti di religione cattolica.
Sarebbe appena opportuno prendere atto che nel nostro Paese, nel frattempo, si sono consolidate presenze e percorsi universitari ben più inclusivi ed accoglienti in materia di pluralismo religioso. Tanto nelle facoltà statali quanto in quelle confessionali.
A ridosso della prossima Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, l’iniziativa del MIUR e della CEI, appare ancor più estranea alle speranze che, proprio nel dialogo ecumenico, si coltivano da diverso tempo.
Ed allora è bene ribadire che la parità religiosa davanti alle Istituzioni dello Stato deve essere formale ma anche sostanziale. E, nel pieno rispetto dell’autonomia scolastica, sarebbe oggi appena il caso di valutare il concorso, per insegnamenti di questo tipo, di sensibilità e competenze ben più ampie di quelle previste da una qualsiasi certificazione dell’idoneità diocesana all’insegnamento della religione cattolica.