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Il Decano Heiner Bludau: Agenda 2030 e la responsabilità della Chiesa nella società
4° seduta del XXII Sinodo della CELI, 25 – 28 Aprile 2019 a Roma
Agenda 2030, lo stato del mondo, la domanda “Come andrà avanti”, la responsabilità della chiesa, di una piccola chiesa nella società, questi sono alcuni dei temi sui quali il Decano della Chiesa Evangelica Luterana, CELI, Heiner Bludau, spera di avviare la discussione alla prossima 4a seduta del XXII Sinodo a Roma.
Heiner Bludau sottolinea che il Sinodo del 2019 si concentrerà principalmente sul futuro. Anche se il 70° anniversario della CELI è il filo rosso che guida il programma del Sinodo, a questa ricorrenza non sono riservati che brevi appuntamenti quotidiani nel contesto di un programma che non lascia spazio alla nostalgia e che resta focalizzato sulle sfide per il futuro.
Lo sguardo sul domani, da un lato segnato da una profonda preoccupazione, dall’altro supportato dalla fiducia in Dio, non si riferisce solo alla Chiesa Evangelica-Luterana anche se questo è certamente un tema forte del Sinodo. Occorre invece una prospettiva molto più ampia di fronte alla complicata situazione mondiale, dato che la globalizzazione non ha reso il mondo un villaggio, ma comunque qualcosa che ci riguarda tutti. Il Decano Heiner Bludau considera l’Agenda 2030 come un orizzonte di riferimento anche per la CELI. La lotta contro la fame, la povertà e l’ingiustizia sociale, le misure contro il cambiamento climatico e quindi la responsabilità verso il Creato, la promozione di società pacifiche e inclusive, l’uso responsabile dell’acqua e dei beni comuni, la parità di genere, la garanzia di un’istruzione di qualità, l’accesso a salute e benessere – in tutto sono 17 gli obiettivi di sviluppo sostenibile che tengono conto in modo equilibrato delle dimensioni economica, sociale ed ecologica. Fede e Futuro – Glaube und Handeln, sottolinea il Decano Bludau, “per me questo significa prima di tutto e soprattutto “Cosa possiamo fare noi”, come cristiani e come cittadini.
Peter Pavlovic, segretario agli studi CEC: la sfida più grande – anche alla fede
Peter Pavlovic è segretario agli studi della Conferenza delle Chiese Europee con sede a Bruxelles. I suoi compiticomprendono la promozione del dialogo tra le chiese in Europa e del dialogo con la politica e la società. I suoi temi principali sono la giustizia ambientale, la protezione del clima e un futuro sostenibile. Parteciperà insieme al Prof. Lothar Vogel della Facoltà Valdese di Teologia e a Cordelia Vitiello, rappresentante legale della CELI e membro del consiglio della FML, ad una tavola rotonda sul tema del Sinodo “Fede e Futuro – Glaube und Handeln”.
La CELI è una piccola chiesa con poche migliaia di membri. Tuttavia, essa è pronta ad affrontare la grande responsabilità che il tema del Sinodo comporta. Cosa pensa che si possa fare?
Peter Pavlovic: La grandezza non è un unità di misura importante riguardo ai temi cristiani, e il tema del Sinodo è un tema cristiano. Quello che conta invece è la serietà di approccio e quanto sia grande la fede di ciascuno di noi! Il clima e un futuro sostenibile sono la più grande sfida del XXI secolo. E non solo i cambiamenti climatici in sé, questi sono temi che riguardono l’intero futuro e sono una grande sfida per tutti noi come cristiani e come cittadini dei nostri Paesi, cittadini dell’Europa e del mondo!
Un argomento che richiederebbe un approccio comune, unità. L’attuale situazione politica non dà grandi speranze al riguardo…
Peter Pavlovic: Esatto. I singoli paesi, l’Europa non riescono a darsi un obiettivo condiviso su questo tema. Mancano decisioni veramente incisive a livello continentale. Ciò che serve è un cambiamento fondamentale nell’approccio al mondo. Non considerare più il mondo come una risorsa infinita a nostra disposizione, come un mercato self-service. Dobbiamo passare dall’essere consumatori, dall’essere utenti all’essere responsabili. Ed è anche compito dei cristiani mettere questo tema in primo piano.
Secondo Lei quindi anche i cristiani sono chiamati a contribuire ad un cambiamento nella politica?
Peter Pavlovic: Certo, è una questione di fede, di come intendiamo la nostra fede. Che cosa significa la fede in questo mondo che è tutt’altro che “gentile”? Dobbiamo imparare a rileggere la Bibbia sullo sfondo di questa grande sfida che anche il Sinodo ha deciso di affrontare con il suo tema Fede e Futuro – Glaube und Handeln. Come dobbiamo vivere noi cristiani in questo mondo? E leggendo la Bibbia possiamo trovare delle risposte a queste sfide, per esempio nelle Lettere dell’apostolo Paolo alle grandi città del mondo secolarizzato, a Roma, a Corinto, a Salonicco.
E Lei personalmente come vede il futuro?
Peter Pavlovic: Sono convinto che abbiamo una chance. Se abbiamo la fede.
Wolfgang Prader, Vicepresidente del Sinodo: “Un piccolo faro nell’oscurità”
Wolfgang Prader, membro della Comunità Evangelica-Luterana di Bolzano, è vicepresidente del Sinodo e come tale ha contribuito in modo significativo alla stesura del programma della 4a seduta del Sinodo dal 25 al 28 aprile 2019.
Cosa associa personalmente al Sinodo?
Wolfgang Prader: Per me quest’anno i due pensieri sono strettamente connessi: 70 anni e il tema Glaube und Handeln (ovvero fede e azione) e Fede e Futuro. I nostri settant’anni di storia sono in un certo senso una missione…un incarico… per me. Ciò che conta oggi è avere le idee chiare su come andare avanti nei prossimi anni in base a ciò che abbiamo vissuto come chiesa negli ultimi settant’anni. Un’altra sfida è quella della nostra identità: da una parte conserviamo le radici tedesche, ma dall’altra siamo una chiesa italiana e questa identità italiana deve crescere.
Dove vede la necessità di agire?
Wolfgang Prader: Vedo meno bisogno di agire verso l’interno che non verso l’esterno. Bisogna prendere posizioni su argomenti di attualità. Possiamo essere anche una chiesa piccola e senza molta influenza, soprattutto in un paese come l’Italia, ma dobbiamo farci sentire e renderci visibili. E lo facciamo! Soprattutto attraverso i nostri vari progetti diaconali. E con questo intendo non solo quelli per i rifugiati, che sono ovviamente molto importanti, ma ne abbiamo anche molti altri per le persone bisognose provenienti da strati sociali in sofferenza.
Ci sono delle linee guida che orientano in qualche modo le scelte operative?
Wolfgang Prader: L’Agenda 2030 con i suoi grandi temi è senz’altro punto di riferimento importante. Temi come il cambiamento climatico, la lotta alla povertà, la giustizia sociale, economica ecc… Ma anche l’esempio dei giovani, che si impegnano per il clima, per il futuro del nostro pianeta e chiamano noi adulti ad un’assunzione di responsabilità….
Che ruolo vede in tutto questo per la CELI?
Wolfgang Prader: Per me la CELI è una specie di piccolo faro nell’oscurità. Un faro nella notte. Un orientamento. Con il nostro impegno possiamo fare strada…
Quest’anno parteciperà al suo quarto sinodo…
Wolfgang Prader: Esattamente. E attendo di nuovo con gioia gli incontri, lo scambio con i sinodali, questo “vivere chiesa” in modo concreto. Per me, il sinodo è qualcosa di vivo. Un luogo da vivere tante cose diverse, dalle difficoltà concrete a livello delle singole comunità alla comune ricerca di soluzioni. Ma anche cose grandi che portano al di fuori della nostra piccola chiesa: anche quest’anno i sinodali si riuniscono in piccoli gruppi di lavoro, dove possono nascere idee e proposte alle quali far seguire poi azioni concreti e progetti reali.
Prof. Vogel: Glaube und Handeln – Fede e azione
Il Prof. Lothar Vogel insegna Storia del Cristianesimo alla Facoltà Valdese di Teologia a Roma. Parteciperà il 26 Aprile alle ore 11.30 insieme a Peter Pavlovic, Segretario agli Studi della Conferenza delle Chiese Europee, CEC, e a Cordelia Vitiello, rappresentante legale della CELI e membro del consiglio della Federazione Luterana Mondiale, ad una tavola rotonda sul tema del Sinodo “Fede e Futuro – Glaube und Handeln”. Anticipiamo alcune riflessioni di Vogel riguardo a “fede e azione”.
“Nel 1520 Martin Lutero pubblicò il trattato La libertà del cristiano, in cui esplicitava la sua visione del rapporto tra fede e azione. La prima parte del testo illustra la libertà dell’“uomo interiore”, ovvero dell’“anima”: essa gode un rapporto immediato con Dio, che la giustifica, e nessun atto terreno, neanche di ordine rituale o religioso, può intervenire su questa relazione. In seguito, però, Lutero si dedica all’“uomo esteriore” e alla “servitù” in cui si trova. In fondo, questi passi interpretano un versetto della Lettera ai Romani: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto razionale” (Romani 12,1). Pertanto, Lutero dice del cristiano: “perciò in questa vita corporea egli resta in terra, deve governare il suo corpo e relazionarsi con la gente. È qui che iniziano le opere” (WA 7, p. 30).
L’azione cristiana è, dunque, di natura strettamente corporea. Anzitutto, questo vuol dire che un tale agire è “mondano”; in quanto “culto razionale” (come dice Paolo), non è, appunto, caratterizzato da connotazioni specificamente religiose. I cristiani e le cristiane sono chiamati ad agire in questo mondo, come tutti gli altri umani, senza sentirsi moralmente superiori, assieme a loro e nel pieno rispetto dei loro confronti. A livello di contenuto, Lutero distingue tra due dimensioni: l’una è riferita a chi agisce e l’altra alla “gente”, ovvero al prossimo/la prossima che incontra. Riguardo alla prima dimensione, Lutero successivamente parla di auto-controllo e ascesi. Il cristiano/la cristiana deve dunque riconoscere i limiti posti alla sua esistenza corporea, ma l’inquietudine che nasce da questo riconoscimento si scoglie alla luce di quella libertà di cui parla la prima parte del trattato. Proprio per questo motivo, il cristiano/la cristiana è in grado di percepire il prossimo/la prossima nella sua corporeità, come uno pari a lui, con gli stessi bisogni e le stesse doti, qualunque sia la sua provenienza o discendenza, e di “amarlo”, ovvero di riconoscere la sua esistenza in modo incondizionato. Tutto questo richiede anche che il cristiano/la cristiana tenga d’occhio un’altra cosa: la sua corporeità lo/la pone in mezzo alla creazione; in quanto corpo, l’uomo vive bene soltanto se vale lo stesso anche per tutto il mondo che lo circonda.
In fondo, Lutero prospetta un superamento di quella tensione che esiste secondo Thomas Hobbes tra le massime di homo homini lupus (“uno è lupo per l’altro”) e homo homini lepus (“uno è lepre dell’altro”, cioè ha paura di lui) e che induce gli umani a concentrare su di sé potere e risorse, anche di ordine religioso, in maniera assai distruttiva. 100 anni fa, il pastore riformato Karl Barth diede alle stampe il suo commento alla Lettera ai Romani, in cui l’interpretazione di Romani 12 ugualmente pone in risalto la corporeità dell’esistenza umana e distingue tra il “culto razionale” chiesto da Paolo e la prassi religiosa corrente (ristampa EVZ, Zurigo 1963, p. 350). Così resta anche a noi il compito di tenere d’occhio la corporeità delle nostre esistenze e di ciò che nella fede ci è richiesto.”
Prof. Lothar Vogel. Foto: Lucas Chranach i. V.
Il presidente del Sinodo Schedereit: costruire ponti e unire i popoli
Per il presidente del Sinodo Georg Schedereit, far coincidere fede e azione è l’impegno evangelico-luterano più importante e duraturo. Dal Sinodo per i 70 anni della Chiesa Evangelica-Luterana in Italia ci si aspetta, oltre alle decisioni e alle discussioni con gli ospiti, un fruttuoso confronto di idee tra i 55 sinodali, tra cui 32 donne, 6 delle quali pastori su un totale di 14 ordinati.
Insieme rappresentano le 15 comunità evangeliche-luterane in Italia nel Parlamento della Chiesa, l’organo supremo di guida della Celi. Come al Sinodo, i sinodali non ordinati sono in maggioranza anche nel Concistoro, l’organo esecutivo eletto composto di cinque membri con il Decano come guida spirituale e capo della CELI nonché rappresentante della Chiesa verso l’esterno.
Quali sono, secondo lei, le caratteristiche peculiari di questa piccola chiesa rispetto ad altre?
Georg Schedereit:
“Non conosco un’altra chiesa in Italia strutturata in modo così democratico e policentrico. Come la CELI. È anche l’unica chiesa in Italia ad essere affiliata alla Federazione Mondiale Luterana. Una delle nostre peculiarità è quella che al Sinodo del 2018 ho definito come la nostra anima bilingue e biculturale. Questo ci permette di costruire ponti transfrontalieri tra il nostro “habitat” italiano e il mondo di lingua tedesca. La CELI e le sue comunità contribuiscono ad una migliore comprensione tra le famiglie cristiane mediterranee e settentrionali.
Oltre alla democrazia e al bilinguismo, una parola sulla situazione della diaspora. La percepisce come un deficit?
Georg Schedereit: Assolutamente no. Al contrario. Viviamo addirittura una situazione di doppia minoranza e questo non è un deficit, ma un’opportunità importante: la doppia lingua e il nostro radicamento in ambiti culturali e spirituali diversi. Allo stesso tempo siamo una chiesa italiana, siamo europei. Questo è un fattore che unisce i popoli. Ed è proprio questa convinzione che ci ha portato a scegliere un motto bilingue per il nostro Sinodo: Fede e Futuro – Glaube und Handeln (Fede e Azione).
La CELI è molto attiva nella diaconia, nell’aiuto ai rifugiati, con progetti culturali, progetti per persone bisognose, ma naturalmente è anche una piccola chiesa, con risorse limitate…
Georg Schedereit: Vedo la missione diaconale come parte del sacerdozio di tutti i credenti. In un certo senso, i nostri progetti sono solo una goccia nell’oceano. Sono poi sempre frutto di una scelta: per chi mi impegno, dove e come? E questo costringe a fermarsi e a riflettere su quello che vogliamo e su quello che stiamo facendo. Per noi luterani non è sempre facile vivere “la libertà del cristiano”, perché non ci tiriamo indietro di fronte alle sfide del presente anche, o meglio, proprio in quanto chiesa! In tutto questo la fiducia in Dio, la preghiera e la carità come spinta delle nostre azioni giocano un ruolo importante. Come anche la fiducia nel futuro costruita sulla fede. E non è mica facile oggi avere fiducia in un mondo in cui i demagoghi nazionalisti e populisti alimentano paure, soprattutto pensando ai fallimenti degli anni Venti e Trenta. Ma aprendomi e impegnandomi come chiesa, come persona credente e anche esprimendo la mia protesta attraverso le mie azioni, vivo e nutro la fiducia di potermi sentire “mirabilmente protetto da forze buone”.
Il Sinodo celebra anche i 70 anni della CELI.
Georg Schedereit: 70 anni fa il Sinodo della Chiesa Evangelica-Luterana in Italia ha ratificato la Costituzione della CELI. Questa è stata la pietra angolare di ciò che siamo oggi. Sono 70 anni di storia europea densissima di eventi. E la CELi in questi 70 anni ha percorso la sua strada, ha lasciato il segno e a sua volta è stata segnata.
Il motto del Sinodo, Fede e Futuro – Glaube und Handeln, è un obbligo…
Georg Schedereit: Certo. Un obbligo per noi come Chiesa e per ciascuno di noi come cristiano. Tutt’altro che predicare bene e razzolare male. No! È un impegno. Del resto, neanche Gesù si è distinto per il suo essere “mainstream”! E non sto dicendo che questo sia facile!
Con Peter Pavlovic della Conferenza delle Chiese europee e Lothar Vogel, professore di Storia del Cristianesimo, lei ha invitato al Sinodo due pensatori critici.
Georg Schedereit: In effetti, mi aspetto dei riferimenti importanti dalla tavola rotonda del secondo giorno del Sinodo, al quale parteciperà anche la nostra rappresentante legale, Cordelia Vitiello, che come membro del Consiglio della Federazione Mondiale Luterana potrà certamente riferire cose interessanti. Pavlovic e Vogel sono spiriti critici dentro il mondo evangelico. Spero che ci ispirino, per esempio, nell’ interpretare Lutero: che da un lato dice che le “opere” non hanno valore, ma dall’altra sprona invece i cristiani ad agire. Il riformatore Ulrich Zwingli guardava nella stessa direzione 500 anni fa a Zurigo: “Essere cristiano non significa solo parlare di Cristo, ma anche camminare come ha camminato”. O prendiamo il teologo riformato Karl Barth che sosteneva che il cammino verso la gioia passa per la sofferenza, non bypassandola. Ecco cosa intendo io per fede e azione. Per me, da Presidente sinodale, anche in Italia fede e azione sono la misura della credibilità di ogni Chiesa e di ogni individuo.
Ingrid Pfrommer, tesoriera: “Non dobbiamo diventare dipendenti dall’8xMille”
Ingrid Pfrommer, sinodale della comunità evangelica di Torino, da tre anni è tesoriera della CELI. Un compito non facile e una grande responsabilità in tempi di crisi economica e politica, tempi che privano molte persone, non solo i rifugiati, della possibilità di soddisfare i bisogni più elementari.
Cosa significa per Lei il Sinodo?
Ingrid Pfrommer: Per me il sinodo è sempre un’occasione importante per incontrare altri sinodali e pastori. Con la maggior parte di loro è davvero l’unica possibilità durante l’anno. Per me poi è anche un’opportunità importante per capire quali siano le vere esigenze (finanziarie) delle comunità e per potermi confrontare con gli altri tesorieri. La chiesa e le comunità però non sono solo finanze, sono soprattutto fatte di persone. Vivo il Sinodo come un momento importante per fare comunità e per ascoltare e vivere insieme la Parola di Dio.
Cosa le dice il tema del Sinodo, Fede e Futuro – Glaube und Handeln?
Ingrid Pfrommer: Gli aspetti finanziari sono importanti, ma non devono essere la prima priorità della nostra chiesa. Sono contenta di potermi confrontare con gli altri sul tema del Sinodo di quest’anno. Si tratta del futuro, al quale anche noi come Chiesa vogliamo, dovremmo e dobbiamo contribuire. Per me, il futuro è fatto di luoghi, persone e relazioni. Per rendere possibile il futuro in tempi come quelli che stiamo vivendo, dobbiamo condividere, dare, accogliere e aiutare. E possiamo farlo attraverso i nostri progetti di diaconia. E in questo non penso solo ai rifugiati. Il nostro sostegno finanziario deve andare a beneficio di tutti i bisognosi.
Parola chiave 8xMille…
Ingrid Pfrommer: È una variabile. Una volta l’8xMille è una cifra importante, un’altra volta invece lo è molto meno. Dobbiamo essere flessibili e dobbiamo stare attenti a non fare passi più lunghi della gamba. Soprattutto non dobbiamo diventare dipendenti dall’8xMille! Il motivo per cui un anno ci sono tante firme a nostro favore e un altro anno meno dipende da mille ragioni, che non capiremo mai al 100 per cento. Una cosa è certa: non dobbiamo contare troppo su questi fondi. In fondo è molto semplice: se ci arrivano tanti soldi, possiamo affrontare grandi progetti, se sono pochi, dobbiamo agire di conseguenza riducendo gli impegni. Io vedo questa faccenda in modo molto pratico, diciamo alla casalinga. Bisogna saper amministrare in maniera responsabile e parsimoniosa. Dobbiamo avere fede in Dio e continuare imperterriti il nostro cammino. Siamo una piccola chiesa e dovremmo saper scegliere, sviluppare e realizzare i nostri progetti di conseguenza.
Cosa associa Lei personalmente al futuro?
Ingrid Pfrommer: Mi piace pensare al futuro. Sono fiduciosa e lo affronto in modo positivo, con consapevolezza e responsabilità, pensando a coloro che vengono dopo di noi. Ai nostri figli, a tutti questi giovani che oggi vanno in strada per lottare per un futuro migliore. Dovrebbero anche loro poter vivere un mondo così meravigliosamente creato, come ho potuto fare io. Questo mondo ci è stato affidato ed è nostro dovere conservarlo così come ci è stato dato e tutelarlo per chi verrà dopo di noi!
Cordelia Vitiello, rappresentante legale CELI: vivere la fede tramite la solidarietà
Cordelia Vitiello è la rappresentante legale della Chiesa Evangelica-Luterana in Italia, è membro del consiglio della Federazione Mondiale Luterana ed è Presidente della Fondazione Betania e dell’Ospedale Evangelico di Napoli
Al Sinodo interverrà in prima persona sul tema “Fede e Futuro – Glauben und Handeln “ (Fede e Azione) in quanto parteciperà alla tavola rotonda con Peter Pavlovic, segretario degli studi della Conferenza delle Chiese Europee, e con Lothar Vogel, professore per Storia del Cristianesimo alla Facoltà Valdese di Teologia a Roma.
Fede e Futuro – Fede e Azione cosa significano per Lei?
Cordelia Vitiello: Per me Fede e Azione sono due concetti strettamente legati al Futuro. Il futuro oggi per molte persone significa soprattutto incertezza. La globalizzazione, la frenesia tecnologica, i cambiamenti climatici, la crisi economica sono fonte di ansia e di paure. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: l’inaspettato ritorno delle destre, i populismi e nazionalismi, la paura dello straniero e il razzismo. Rivolgimenti politici profondi e spesso inquietanti
Un momento storico molto difficile…
Cordelia Vitiello: …ma anche interessante perché mette in discussione schemi sociali e categorie date ormai per acquisite. Il problema è che sono in molti a non avere più punti di riferimento e si sta instaurando un clima di paura, di mancanza di fiducia e una diffusa tendenza all’ autoreferenzialità, al ripiegamento su se stessi. Viene a mancare la solidarietà. E qui tocca a noi, come chiesa, far sentire la nostra voce e proporci come “soggetto attivo”, capace di portare aiuto assumendosi delle responsabilità. Qui la chiesa deve far vedere che c’è e deve dare l’esempio.
Anche le chiese sono entrate in crisi però. Numeri alla mano, la Chiesa Cattolica in Italia ha perso 160.000 fedeli, la Chiesa Protestante in Germania addirittura 200.000.
Cordelia Vitiello: È vero, e proprio per questo dobbiamo riappropriarci di questo ruolo. E dobbiamo farlo insieme alle altre confessioni, alle altre chiese anche del mondo evangelico. La nostra teologia deve parlare alla gente tramite la diaconia, tramite le azioni nel sociale. La Chiesa deve essere l’espressione della “Politica buona”; ha il compito dell’aiuto e del sostegno ai più deboli, e per riuscire in questo, deve necessariamente cercare il dialogo con la Politica che si occupa di governare i popoli.
E dove si comincia?
Cordelia Vitiello: Per me sono questi i nostri compiti: far sì che attraverso la proclamazione della parola del Signore si portino avanti gli ideali di giustizia, di pace, di libertà e riconciliazione, e poi ancora la compassione, la diversità come valore, la dignità. E per fare questo dobbiamo accettare la sfida dei nuovi mezzi di comunicazione, dobbiamo trovare il modo per vivere la fede nel mondo, imparando a governare il cambiamento senza perdere il nostro messaggio.
Franziska Müller, Vicedecana: Come chiesa siamo nel mezzo
Franziska Müller insieme al marito Friedemann Glaser è pastora della comunità Evangelica-Luterana di Firenze. Durante il Sinodo del 2018 è stata eletta vicedecana e in questa veste è oggi uno dei cinque membri del Concistoro
In qualità di membro del Concistoro, lei ha partecipato alle discussioni sulla scelta del tema del Sinodo 2019.
Franziska Müller: Ci siamo confrontati a lungo sull’argomento, anche sulla decisione di non tradurlo letteralmente in italiano, ma di scegliere di proposito un titolo italiano con un significato diverso.
Glauben und Handeln (Fede e Azione, ndr) – Fede e Futuro. Due binomi che rispecchiano anche due approcci diversi?
Franziska Müller: Sì, la decisione è stata questa. Fede e Azione per me sono inscindibili e complementari. La fede senza azione è autoreferenziale, ha il sapore di un’occasione mancata. L’azione invece, dal canto suo, richiede un senso e un obiettivo: devo avere qualcosa che mi spinge, che mi orienta. Ed è bello quando posso dire a me stesso e agli altri perché sto facendo questo e non altro.
La fede può essere interpretata in modo molto ampio, nel senso che ci sono diversi tipi di credo o lei si riferisce espressamente alla fede cristiana o protestante?
Franziska Müller: Sì, sono convinta che tutti coloro che agiscono, credono. Spesso però non ne siamo consapevoli e ci lasciamo tentare e influenzare da impulsi inconsci: desiderio di conforto, paura, prestigio, ecc. Come sinodali evangelico-luterani, abbiamo una base comune di fede. Sono contenta di poter discutere al Sinodo quali siano le convinzioni che ci uniscono – e che cosa significhi questo per il nostro agire come CELI nel futuro.
E Fede e Futuro?
Franziska Müller: Il binomio Fede e Futuro per me è un’indicazione chiara: il 70° compleanno della CELI non deve essere solo un’occasione per guardare indietro ma piuttosto per interrogarci: “Che ne sarà di noi? Oppure, come ha puntualizzato il nostro decano Heiner Bludau negli incontri preparatori del sinodo, “Cosa dobbiamo fare perché la CELI possa arrivare a festeggiare i 100 anni?” Questa affermazione mi è rimasta impressa, perché chiarisce due cose: da una parte la questione dell’importanza di ciò che noi, come luterani, rappresentiamo per i prossimi anni e decenni qui nel nostro “piccolo mondo”, dall’altra e la responsabilità per il futuro del mondo intero. E con questo torno di nuovo al titolo tedesco del Sinodo, Glauben und Handeln, Fede e Azione!
In quale direzione porta questa azione, o meglio: qual è per Lei un aspetto particolarmente importante dell’azione?
Franziska Müller: Le nostre azioni continueranno ad andare in molte direzioni anche in futuro, come chiesa viviamo nel nostro tempo e siamo coinvolti in tutte le tematiche che l’attualità via via ci presenta. Sarà compito prioritario del Sinodo decidere insieme quali dei tanti campi d’azione possibili scegliere e dove impegnarci come comunità. Nel periodo preparatorio al Sinodo ci siamo occupati dell’Agenda 2030. E ancora prima dell’inizio delle manifestazioni del venerdì (per la tutela del clima), abbiamo riflettuto su quale possa essere la nostra voce in questo ambito così sentito dalle giovani generazioni, e non solo da loro. Ci muoviamo insieme, sulla base della nostra fede, per il bene del futuro.
Renate Zwick, referente nazionale Rete delle Donne: Mai abbassare la guardia!
Dall’ottobre 2018 è referente nazionale della rete delle Donne e in questa veste parteciperà per la prima volta ad un Sinodo. Renate Zwick vive a Palermo ed è membro della Comunità Evangelica-Luterana di Sicilia.
Dal 25 al 28 aprile 2019 parteciperà per la prima volta ad un Sinodo. È emozionata?
Renate Zwick: Sono curiosa di vedere come funziona, di verificare quanto spazio ci sarà per il processo decisionale e per costruire un’opinione ragionata, quanto intensamente gli argomenti potranno essere trattati per tradursi tanto in motivazione interiore quanto in azioni concrete.
E con questa affermazione siamo già arrivate al tema del Sinodo: Fede e Futuro – Fede e Azione. Che cosa lo associa lei personalmente?
Renate Zwick: Per me, fede e azione sono indissolubilmente legate. La mia fede diventa credibile solo attraverso le mie azioni! Sono una persona perennemente alla ricerca. “In cosa credo?”Per me, questa è una domanda con cui mi confronto in continuazione. Agire mi aiuta a dissipare i dubbi. È una specie di ciclo. Agisco perché credo, e la mia fede si concretizza attraverso le mie azioni, attraverso l’esperienza della solidarietà, della rinuncia, della comprensione profonda vissuta in un incontro, talvolta anche attraverso delle esperienze borderline. Tutto questo alla fine mi rimanda sempre alla mia fede.
E cosa sono per Lei spunti concreti da dove poi far partire l’azione?
Renate Zwick: In fondo non ci vuole molto. Inizia già quando si tratta di mostrare coraggio, difendere la propria fede e quindi mettersi contro il mainstream. Coraggio di difendere apertamente i nostri valori, l’idea di una società inclusiva che protegga le persone e l’ambiente.
Come rappresentante della Rete delle Donne le sta a cuore un tema particolare?
Renate Zwick: A me, o meglio a noi donne della rete delle Donne sta molto a cuore la parità di genere nel mondo, è un prerequisito per delle condizioni migliori di vita per tutti. È inaccettabile che ancora metà dell’umanità venga semplicemente messa da parte. Nella Chiesa Evangelica-Luterana in Italia siamo ben rappresentate. In Europa le donne sono anche meno svantaggiate che in molti altri paesi del mondo. Ma ovunque sui temi della parità di genere c’è in atto una regressione, anche in Europa, come dimostrano la crescente violenza contro le donne e il numero spaventoso di femminicidi. Bisogna rimanere vigili e non mai abbassare la guardia. Per noi e per tutte le donne del mondo!
Lorenzo Vicentini, Synodaler der Gemeinde Mailand: “Unsere Wurzeln sind Ausgangspunkt unseres Handelns”
Lorenzo Vicentini ersetzt die langjährige Synodale der ELKI-Gemeinde Mailand, Doriana del Pizzo. Seit 22 Jahren ist er Mitglied der Gemeinde, wo er sich unter anderem im 2006 gegründeten „Mailänder Forum der Religionen“ engagiert hat. Vicentini spricht perfekt arabisch und verfügt über Grundkenntnisse des Farsi.
Vor 22 Jahren sind Sie über das Christliche Laboratorium zur evangelischen Gemeinde Mailand gestoßen und nun werden Sie sie erstmals als Synodaler im Kirchenparlament vertreten…
Lorenzo Vicentini: Ja, und ich muss zugeben, dass ich diesen Anlass, meine erste Synode, ein bisschen erlebe wie die erste Einladung im Elternhaus der Verlobten. Es wird ein gegenseitiges Kennenlernen. Und ich bin natürlich sehr motiviert und auch sehr gespannt. Und das nicht nur wegen des Themas, Glauben und Handeln – Fede e Futuro, das meiner Meinung nach das einzige ist, das die vielfältigen diakonischen Initiativen der ELKI mit der Seelsorge vereinen kann, sondern auch wegen der Möglichkeit, mich mit anderen Gemeinden auseinanderzusetzen. Je besser wir vernetzt sind, desto zielgerichteter können wir handeln!
Kennen Sie schon die anderen 14 Gemeinden?
Lorenzo Vicentini: Ich muss zugeben, dass ich bis heute nur Gelegenheit hatte, unsere Nachbargemeinde Ispra-Varese näher kennenzulernen, abgesehen von einigen kurzen Begegnungen mit der Gemeinde Genua. Für mich sind das Miteinander-Reden, der Ideen- und Gedankenaustausch, die Schaffung von gemeinsamen Standpunkten eine einzigartige Gelegenheit, um gemeinsam Kirche zu leben, um unsere Kräfte zu bündeln und um unseren gemeinsamen Glauben im Handeln umzusetzen.
Wie beurteilen Sie die Möglichkeiten der ELKI in Bezug auf das Handeln, es handelt sich ja um eine doch sehr kleine Kirche?
Lorenzo Vicentini: Ich sehe das wie in jedem Verein, in dem Freiwillige tätig sind. Man tut, was man kann und wenn jeder tatsächlich, das tut, was er kann, dann kann man gemeinsam Dinge erreichen und bewegen. Dies ist jedenfalls meine Erfahrung, die sich sowohl in der Claudiana-Arbeitsgruppe als auch im Forum für den interreligiösen Dialog, der mir persönlich ein großes Anliegen ist, bestätigt hat.
Was sagt Ihnen das 70 Jahr Jubiläum der ELKI, das im Rahmen der Synode gefeiert wird?
Lorenzo Vicentini: Vor 70 Jahren war Italien mit Sicherheit ein völlig anderes Land als heute! Wir sind dazu aufgerufen, uns einzumischen, auch in die politische Debatte. Wir sind uns unserer Wurzeln bewusst, das ist der Ausgangspunkt für unser Handeln.